UN PRIMO PASSO VERSO LE SCIENZE DELLA MISERICORDIA:
L’APPROCCIO ELEOGENETICO
CHE COSA INTENDIAMO CON “MISERICORDIA”?
In latino il termine si riferisce alla sensibilità verso persone e situazioni che suscitano in noi sentimenti di pietà e compassione; nell’ ebraico biblico la parola richiama il grembo materno; la misericordia può essere considerata come una disposizione dell’animo, un modo di essere, un ordine specifico a cui conformarsi nel generare la relazione tra il soggetto e il mondo; la misericordia implica che trascurare, squalificare o respingere condizioni come la debolezza, il bisogno e il dolore non è un atteggiamento realistico.
Il termine misericordia può suscitare diffidenza, in quanto a volte è erroneamente associato a malintesi atti di rinuncia: da un punto di vista etico, la rinuncia alla giustizia; da un punto di vista psicologico, la rinuncia alla propria vitalità, anche istintiva. Sono fraintendimenti, benché sia innegabile che a volte essa è stata presentata così.
La misericordia è da intendersi come una manifestazione del livello più alto in cui gli esseri umani possono esprimersi, come individui e come comunità. Così alto che non può essere evocato a proprio piacimento. Si tratta di una regione dell’essere a cui gli esseri umani appartengono ma su cui non sono in grado di esercitare un arbitrario possesso. Viceversa, a questa regione, qualora vi si acceda rendendosi disponibili, obbediscono altre aree importanti della realtà umana, individuale, comunitaria e sociale. Un accesso che, in situazioni di sofferenza estrema, può rappresentare l’unica via d’uscita. Un esempio sono quelle aree di ritiro emozionale e vitale che esistono nel sé di ognuno. Le aree più sofferenti dell’essere umano, vere e proprie prigioni in cui ci si ritira in seguito a situazioni insopportabili: là, infatti, non si sente più, non ci si muove né ci si commuove più. Eppure è dietro quelle mura spesse che giacciono i tesori più creativi e più vitali delle persone - a volte connessi in modo complicato e a volte semplicemente giustapposti agli aspetti “più compromessi” e impresentabili di sé. Infatti è difficile “andare via” da lì. “Andare via – ci si chiede – ma per dove? Dove tesori non ci sono? Tanto vale …”
Per tornare a muoversi, sentire e commuoversi è necessario che un altro si muova per primo, venga a cercare e a prendere colui che è paralizzato o prigioniero. Per quest’ultimo, però, ricevere soccorso non è sufficiente. E’ necessario che venga rimessa in moto la sua vitalità, altrimenti non gli sarà possibile una risposta attiva. Non è sufficiente, anche se a volte lo desidereremmo, essere presi in braccio e portati via dalla nostra prigione. Se andiamo via così, passivamente, portiamo con noi la nostra paralisi e quella inerzia che ci scoraggia dall’andare “là fuori”, a caccia di tesori. E’ certamente necessario che chi viene a prenderci ci tocchi, ci attragga e "ci afferri" anche potentemente … ma ciò deve essere anche in grado di rimettere in moto la nostra vitalità e le nostre emozioni, soprattutto deve farci sentire il nostro indistruttibile valore di esseri umani. A quel punto saremo nuovamente in grado di decidere, di scegliere se fidarci e andare via con le nostre gambe. Questo accade solo se chi ci prende per mano ha passione per i tesori nascosti dell’umanità. Il nostro bisogno, necessità, desiderio, il nostro intimo valore che sopravvive a qualsiasi tipo di insulto o deterioramento deve essere chiaramente visto e rispecchiato da chi si china su di noi o ci prende per mano: altrimenti non ci muoveremo mai. La misericordia ci consente di superare la paura e andare incontro alle nostre paralisi, ai contenuti più deteriorati di noi stessi; ciò rimette in moto innanzitutto la nostra vitalità, e per risonanza quella degli altri.
Le manifestazioni della misericordia condividono quindi le caratteristiche della discontinuità, dell’unicità di ogni essere umano o comunità, della loro irripetibile identità e storia. Per questo motivo, spesso superano i confini di ciò che è ordinario e codificato da un punto di vista psicologico, relazionale e anche valoriale.
PERCHE’ STUDIARE LA MISERICORDIA?
Perché la misericordia è una realtà potente, ineludibile ed efficace nel cui grembo si muovono e crescono gli esseri umani. Consapevolmente o meno, resistendovi o assecondandola e a volte arrendendosi ad essa, l’umanità tutta è attirata dalla corrente che la misericordia stessa configura e prepara. In questo senso, da un punto di vista teoretico, essa ci ricorda gli attrattori e i bacini di attrazione di cui parlano le teorie dei sistemi dinamici.
Conseguentemente, né la misericordia in generale né i singoli atti di misericordia possono essere causati o impediti. E’ responsabilità dell’uomo promuovere, facilitare o viceversa ostacolare il manifestarsi della misericordia, il suo “emergere”, se vogliamo nuovamente utilizzare una terminologia di tipo sistemico. Questa responsabilità viene esercitata con azioni che si esplicano in tutti i possibili ordini di grandezza. Sembrano però essere privilegiati gli ambiti relazionali e i piccoli contesti. In questi “piccoli” contesti, familiari, di lavoro, educativi, ricreativi, di cura, di convivenza spicciola, ogni giorno vengono compiuti milioni di gesti di misericordia mescolati a tutto il resto, bello o brutto che sia, della quotidianità. Essi quindi risultano poco visibili ad occhi abituati a separare, quantificare, misurare, stabilire relazioni evidenti e lineari. Il più delle volte gli atti di misericordia comportano per chi li compie una momentanea frustrazione, più o meno accentuata, un allontanamento più o meno radicale dal consueto orizzonte del buonsenso strutturato sull’ordinario rapporto tra dare e avere. A questo livello della vita organizzata, le azioni caratterizzate da misericordia non sempre appaiono immediatamente sensate. Il loro senso profondo sembra invece riposare ad un livello meno manifesto dell’essere, da cui però prima o poi una risposta emerge, caratterizzata da un appagamento che solitamente trascende i confini della distinzione tra “io” e “altro” e certamente ne confuta la presunta separatezza.
Per questo, un singolo atto di misericordia può anche rappresentare una grande discontinuità nella giornata o nella vita intera di individui e comunità. Esso però non sorge dal nulla: germoglia da un terreno che, anche in modo inconsueto, lo ha preparato. I processi affettivi, organizzativi e relazionali che facilitano il manifestarsi di atti misericordiosi possono essere studiati.
L’APPROCCIO ELEOGENETICO
Da questa presa d’atto si origina l’Approccio Eleogenetico: lo studio dei processi che facilitano ed implicano misericordia. Ne consegue che l’Eleogenetica mette a fuoco il valore che la misericordia ha nello strutturare e qualificare la vita umana soprattutto dal punto di vista dello sviluppo, del cambiamento e delle relazioni di cura.
In una visione qualificata dalla misericordia questi tre ambiti possono essere distinti, ma non possono essere separati, come spesso invece si tende a fare, tentando di isolare, nascondere, riparare a tutti i costi o minimizzare le debolezze degli esseri umani, i lati oscuri, bisognosi, sofferenti e a volte inaccettabili. Nella vita di tutti, forza e debolezza, virtù e meschinità, autonomia e bisogno, gioia e lacrime vivono fianco a fianco. La misericordia offre un senso a queste polarità apparentemente inconciliabili, e il senso è intrinseco, in quanto coincide con l’azione concreta della misericordia stessa.
L’Eleogenetica si configura quindi come un approccio teorico – pratico allo sviluppo, al cambiamento e alla cura. Come tutte le teorie e le pratiche di cura, è destinata nel tempo ad evolversi e a cambiare. Al momento, le cornici teoriche di riferimento più appropriate sembrano essere quelle legate alle teorie dei sistemi e in particolare dei sistemi dinamici. Da un punto di vista clinico essa però fa riferimento anche ad autori di altra matrice, come quella psicodinamica, quella immaginativa o a quella logoterapeutica. Sul piano epistemologico, l’Eleogenetica si avvale del potente contributo derivante dagli approcci sistemici e cibernetici senza per questo abbandonare un necessario atteggiamento critico verso i limiti che essi evidenziano dal punto di vista antropologico-filosofico. Condivide inoltre con tutte le scienze umane un momento caratterizzato da grandi intuizioni ma ancora incerta definizione; ciò è dovuto al rapido sviluppo di una molteplicità di approcci di elevatissima complessità, come quelli di matrice quantistica e post-quantistica, sicuramente fecondi ma costantemente “in fieri” e da avvicinarsi quindi con rigore per evitare banalizzazioni e fraintendimenti.
VERSO LE SCIENZE DELLA MISERICORDIA
Se con il termine teorico-tecnico “Eleogenetica” possiamo etichettare lo studio prevalentemente psicologico di quei processi sociali che favoriscono il manifestarsi della misericordia, è evidente che l’Eleogenetica è solo una parte di un insieme più ampio e certamente non può essere cornice a se stessa.
Questo insieme più ampio è quello delle SCIENZE DELLA MISERICORDIA. La misericordia può e deve essere studiata a partire da angolazioni diverse: teologiche, filosofiche, pedagogiche, psicologiche, economiche, organizzative, e così via. Più ancora di una lettura multidisciplinare è desiderabile un approccio trans-disciplinare, in modo che da ogni vertice di osservazione meglio appaia ciò che è originale e ciò che è comune per ogni ambito.
A loro volta, le Scienze della Misericordia necessitano di radicarsi in una cornice antropologico-filosofica. Anche se per definizione la misericordia è “aperta a tutti”, l’antropologia filosofica di matrice cristiana, in particolare quella influenzata dal pensiero ebraico e dalla fenomenologia, è il terreno naturale in cui le Scienze della Misericordia possono affondare le loro radici. Una solida fondazione antropologica permette di affacciarsi con sicurezza, rispetto e desiderio di apprendere su panorami culturali diversi e inusuali, affascinati dalla differenza così come da ciò che accomuna la condizione umana dovunque essa sia vissuta.
Dicembre 2018